I presidenti dell’Associazione ostetrici e ginecologi italiani (Aogoi) – dottoressa Elsa Viora – della Fondazione Confalonieri Ragonese – professor Antonio Ragusa – e dell’Italian Network for Safety in Healthcare (Insh), membro istituzionale della International Society for Quality in Health Care – professor Vittorio Fineschi – hanno siglato un accordo con IMQ Spa (Istituto italiano del Marchio di Qualità) per la certificazione delle competenze del responsabile sala parto nella gestione del rischio clinico.
La certificazione, che verrà rilasciata sulla base di un disciplinare tecnico appositamente predisposto e convalidato da IMQ, introdurrà anche nel nostro Paese la possibilità di qualificare, tramite un organismo di terza parte, una figura professionale che potrebbe avere un peso notevole nella gestione del contenzioso medico-legale. Nel caso del responsabile di sala parto i requisiti di ammissione all’esame di certificazione saranno:
- Laurea in medicina e chirurgia;
- Specializzazione in Ginecologia e Ostetricia:
- Corso di formazione avanzato sulla gestione del rischio in sala parto con particolare approfondimento sia delle competenze tecniche che non tecniche;
- Esperienza di almeno 5 anni in punti di nascita con almeno 500 parti anno negli ultimi cinque anni.
L’esame finale, finalizzato all’ottenimento della certificazione, consisterà in un test scritto a risposte multiple e in un esame di un caso clinico. La certificazione dovrà essere rinnovata ogni tre anni e il professionista dovrà dare evidenza di avere svolto l’attività di aggiornamento professionale nell’ambito della gestione del rischio clinico in ostetricia.
Si tratta di un passo importante verso il miglioramento della qualità e sicurezza dell’assistenza sanitaria.
Nell’ambito della qualità delle cure sanitarie, la certificazione professionale in Italia ha iniziato da poco a compiere i primi passi, contrariamente ad altri Paesi. Negli Stati Uniti ad esempio già 4000 operatori sanitari hanno ottenuto il “certified professional in patient safety” rilasciato dal prestigioso Institute for Healthcare Improvement.
La certificazione professionale si pone essenzialmente due obiettivi:
- il primo è qualificare e valorizzare figure professionali che svolgono un ruolo cruciale nel controllo e contenimento del rischio, basandosi su quanto stabilito dai curricula messi a punto dall’Organizzazione mondiale della Sanità;
- il secondo è dare garanzie al sistema assicurativo e ai general manager che questa funzione non può essere attribuita solo sulla base di un concorso ma ha la necessità di essere costantemente valutata e verificata nella sua preparazione (capacità professionali e di aggiornamento).
Purtroppo, il sistema assicurativo non ha ancora compreso sino in fondo che la garanzia di una tutela assicurativa per le strutture dipende soprattutto da fattori organizzativi e professionali che hanno bisogno di essere costantemente valutati e verificati. Si continua ancora a misurare la sicurezza dei sistemi sulla base del tasso di sinistrosità, un indicatore che non consente di valutare in modo affidabile in senso prospettico la qualità e sicurezza delle cure e le competenze professionali degli operatori.
Il possesso di una certificazione professionale potrà essere valutato, a discrezione delle commissioni, a livello di concorsi pubblici e rappresentare, per il sistema assicurativo, una garanzia di affidabilità della figura preposta a svolgere tale importante funzione nelle strutture sanitarie.
Sarebbe auspicabile che le compagnie assicurative valorizzassero la certificazione con una riduzione del premio assicurativo per le strutture sanitarie e per i singoli professionisti.
Oggi la maggioranza delle strutture sanitarie sono in autoritenzione del rischio e le compagnie disposte ad assicurare gli ospedali si contano sul palmo di una mano e stentano ad individuare le competenze necessarie atte a comprendere la rischiosità di chi assicurano. Ci auguriamo che il sistema assicurativo guardi con maggiore attenzione a tutto quello che ormai da vent’anni si sta facendo per la gestione del rischio a livello internazionale sotto la spinta dell’Organizzazione mondiale della Sanità e di altre importanti istituzioni.
Sino al 31 dicembre 2022 una norma transitoria consentirà la certificazione anche a tutti coloro che non sono in possesso di tutti i requisiti attualmente previsti dallo standard, dando a tal fine particolare rilievo alla formazione accademica, all’esperienza professionale svolta, oltre che all’esame scritto e pratico.
L’interesse dell’iniziativa partita con Insh si sta estendendo ad altre società scientifiche motivate a introdurla per alcune specifiche funzioni nell’ambito delle loro specialità.
* Prof. Straordinario Risk Management – Università Marconi, Presidente onorario Insh
** Prof. Associato Ginecologia e Ostetricia – Università di Firenze